In questo nuovo viaggio, nei posti da scoprire di Castel Giorgio sollevero' per voi
le nebbie del passato .
Era l' anno 1606 e il cardinale Sannesio vescovo di Orvieto venne a Castel giorgio
per una visita pastorale, purtroppo l' unica chiesa disponibile per la messa era quella
del castello degli Alberici perché, tra terremoti e guerre del nostro paese e dei suoi
dintorni rimaneva ben poco.
Il cardinale decise allora di far ricostruire le chiese e il castello, I lavori durarono
circa 14 anni terminarono nel 1620 anno in cui fu infissa nel palazzo
Sannesio una lapide commemorativa.
Ristrutturata la chiesa di S. Martino, odierna stalla della guerriana,
per molti anni creduta infondatamente la pieve del piviere di S. Donato.
I ruderi sono ancora visibili anche se l'affresco che un tempo abbelliva
le pareti è quasi del tutto andato perduto.
Sono ancora appena riconoscibili : S. Martino vescovo alla destra dell'altare e
S.Sebastiano posto alla sinistra, al centro sotto una Madonna con bambino,
al di sotto la data del restauro 1606.
Fino agli anni '50 era possibile osservare a sinistra entrando un piccolo affresco raffigurante
i santi Pietro e Paolo misteriosamente trafugato in una nottata di pioggia da quella che
era ormai diventata un fienile. Rimarrà tale per lunghi anni, fin quando l' attuale
proprietario decide di riportare al suo interno il gregge spaurito.
Non quello di Dio ma il suo.
Conosciuta ormai da anni come fontanaselva,e sita in località Casaperazza è stata per dei secoli l’unica sorgente dove gli abitanti dei dintorni si rifornivano di acqua.
Pochi però sanno, che già dal 1800 in questa sorgente hanno bevuto dei famosi briganti.
David Biscarini di Marsciano, uno dei più celebri conosciuto a torto per aver rapito e ucciso il conte Claudio Faina, si dice che passasse spesso alla fontana per rifornirsi di acqua durante la sua latitanza
Non meno noto è Luciano Fioravanti, un malfattore nato ad Acquapendente,
e ricordato oltre che per la sua ferocia, come: il bel biondo che piace alle donne.
Molte volte durante i dodici lunghi anni della sua permanenza in zona trovava riparo in una grotta vicino alla sorgente dove dava appuntamento alle gentil donzelle sensibili al suo fascino.
La grotta che ha origini sconosciute forse di origine Etrusca esiste ancora e sebbene l’ entrata sia quasi ostruita, mantiene uno strano e magico influsso su coloro che riescono a visitarla.
La grotta, scoperta nel 1992 da un giovane volontario del Gruppo Archeologico “Alfina” di Castel Giorgio, Giuseppe P. è situata sulle pareti scoscese del torrente Romealla
Di forma grossolanamente ovale, e riempita di fango e detriti ( all’inizio dello scavo era possibile
lavorare solo in ginocchio o distesi ) è stata ripulita nell’ agosto del 1993 con la consulenza e la direzione della dottoressa della Soprintendenza Archeologica dell’ Umbria Maria Cristina De Angelis.
Dopo molti sforzi che hanno permesso di poter lavorare all’ interno della stessa quasi in piedi,
sono stati ritrovati dei materiali datati, dopo un attento esame nei laboratori del Museo Archeologico di Perugia, XVI o XIV secolo.
I pezzi ritrovati nella grotta pur essendo in numero ridotto hanno permesso ai tecnici della Soprintendenza di ricostruire in forma virtuale 5 vasi di foggia preistorica di cui uno
particolarmente interessante per la sua appartenenza alla cultura appenninica, che datano la frequentazione umana dei territori dell’ Alfina molto indietro nel tempo, dato che come suggerisce
il nome del tipo di cultura ( appenninica, proveniente dagli appennini ) nel XVI secolo circa, sulle sponde del torrente già si trovavano i segni del passaggio di altri popoli provenienti da più regioni.
Castel Giorgio, pur se al centro del territorio dell’ Alfina non possiede particolari ricordi
del tempo passato, infatti si sono perdute la quasi totalità del tempo che fu.
Negli anni ‘30 durante il periodo fascista si avvicendarono in questo paese diversi,
come la costruzione dell’ aeroporto di Orvieto costruito dall’ ingegnere Nervi
proprio nel territorio castelgiorgese, passato poi sotto il comune di Orvieto in
cambio della zona di Casaperazza fino alla Colonnetta.
L’ aeroporto fu distrutto dai tedeschi prima della fine della seconda guerra mondiale.
Le uniche tracce rimaste di quegli anni sono un libro, “ Il Balilla Vittorio “
scritto in parte su zone di Castel Giorgio e usato per anni nelle scuole di tutta Italia fino alla fine della guerra, e un stemma raffigurante il fascio, ancora esistente sulla colonna di un antica villa .
Le foto che seguono sono dello stesso stemma e della sua parziale ricostruzione virtuale.
Per molto tempo questa antica pietra scolpita in età quasi sicuramente romana
è stata per anni la parte centrale dell’ arcata di un piccolo ponte sul Romealla conosciuto in paese come ponte delle Fontane Vecchie.
Quando il ponte alcuni anni fa’ è stato ampliato la pietra fu rimossa e messa sotto custodia in un locale del comune di Castel Giorgio.
Il bassorilievo raffigurante un uomo che incita un toro con la frusta, proviene quasi sicuramente da
un piccolo tempio, forse posto ad uno delle tante biforcazioni che esistevano al tempo l’ impero
romano, la piana dell’ Alfina infatti, era attraversata in epoche diverse da alcune importanti strade romane, ad esempio, la Trajana, la Cassia e la Gioviana.
La pietra che pesa circa 80 kg è però spezzata e manca circa una metà della raffigurazione.
Nel museo di Bolsena esiste un bassorilievo molto simile ed è stato ritrovato intero, nelle foto seguente si possono notare ambedue i bassorilievi, simili anche nella forma e nelle misure.
Verso l’ anno 1000 in tutta la zona dell’ Alfina non esistevano che poche case di contadini,
ma con il crollo di Roma il territorio fu percorso dalle orde dei barbari.
I Longobardi si stabilirono in queste zone, da cui potevano controllare la vicina città di Orvieto,di questa permanenza non ne rimane purtroppo traccia , solo alcune dicerie,
sul ritrovamento nelle vigne vicino Casa Pisana di alcune tombe di gente ” con ossa lunghe
e con strani bracciali ha forma di serpente” .
Solo in un casa di una frazione di Castel Giorgio rimane l’unico reperto forse conosciuto
di tale passaggio, consiste in un sarcofago o un urna cineraria di pietra scolpita in cui alcuni
studiosi hanno riconosciuto l’ arte longobarda.
Non sono possibili approfonditi studi sulla sua forma e sulle altre caratteristiche perché,
ancora fa parte dell’ angolo di una vecchia abitazione.
La
Sorgente di Trischi (Tristi)
Comunemente
conosciuta come la sorgente di Tristi questa vena di acqua si può dire che è
stata usata fin dagli albori della storia umana.
Un antico documento
dice: tre anni orsono nel togliere la terra addossata al monte di sotto la
quale veniva alla luce l’acqua sorgiva di Tristi, si scoprì un antico
cunicolo etrusco sconosciuto a tutti dal quale l’acqua discendeva.
Infatti anche se
non si sa di sicuro chi fu a scavare il cunicolo che porta direttamente al
punto in cui l’acqua esce a scroscio da una crepa tra le rocce, il tipo di
lavorazione, la sezione con volta
ogivale, ed alta circa un metro e settantacinque cm, ricorda molto i cunicoli
Etruschi, che si trovano in varie zone dell’Italia centrale.
Il passaggio
sotterraneo che porta alla sorgente, è lungo approssimativamente
La fonte è stata
per anni l’unica risorsa idrica per il paese di Castel Giorgio fin dai primi
del 900, quando veniva spinta verso l’antico serbatoio posto al centro del
paese con una pompa a caduta ideata dall'ingegnere etruscologo
Mengarelli , che alimentava anche un mulino ad acqua posto vicino all’argine
del sottostante torrente Romealla.
Verso gli anni
cinquanta fu rivoluzionato tutto il sistema, furono montate allora tre pompe
idrauliche due sempre accese e una di riserva che risolsero tutti i problemi
che si avevano nei tempi addietro in estate quando la scarsità di acqua faceva
calare la pressione nelle tubature e in diverse case del paese, e i rubinetti
rimanevano asciutti.
Tristi è stata
usata fino al 1963 quando fu collegata la conduttura centrale del paese
con quella della sorgente dell’ Amiata che ancora oggi fornisce acqua ad alcune
delle frazioni paesane.
Anche dopo un
secolo dalla sua riscoperta la sorgente di Trischie alimenta ancora campi
coltivati e piscine delle varie ville sparse nel territorio sottostante.
Nel cunicolo
rimangono ancora le tre sorgenti scavate in epoche diverse, anche se solo
l' ultima è facilmente raggiungibile dopo aver percorso il lungo e tenebroso
cunicolo scavato tra tefriti e ceneri vulcaniche .
Le altre 2 sono
però le più interessanti, facenti parte dell'impianto con vasche e chiuse del
Mengarelli, e le 2 cisterne interne di cui una romana di circa 5x5
m, con rifiniture architettoniche al soffitto ed una 3x3 m interamente
stuccata.